Blocchi del traffico davvero utili? Tutto quello che non vi dicono

Blocchi del traffico davvero utili? Tutto quello che non vi dicono
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I blocchi del traffico servono davvero? Auto e moto, natura o riscaldamenti? Chi emette di più? Le amministrazioni comunali cosa ci nascondono per fare i loro interessi? Vi riproponiamo un articolo scritto in tempi non sospetti
3 gennaio 2012

 

Doveva essere una delle solite chiacchierate "di rito" tra colleghi al Motor Show 2011 ed invece, quella con Enrico De Vita, si è trasformata presto in una breve ma intensa lezione universitaria sulle polveri sottili, che ci ha inevitabilmente portato a comprendere l'inutilità di normative come l'ex-Ecopass di Milano, oggi "elegantemente" rimodulata in congestion-charge Area C, ed il conseguente aspetto demagogico/economico che sta dietro a certe scelte.
 
L'Ing. De Vita non è un collega qualsiasi. Per molti anni è stato Responsabile del settore tecnico del mensile Quattroruote ed ex vicepresidente del Movimento Consumatori oltre che uno dei più esperti giornalisti su tematiche legate all'ecologia e la sicurezza. Per spiegare anche a chi non ha avuto la fortuna di partecipare alla nostra chiacchierata bolognese molti dei concetti dibattuti abbiamo chiesto ad Enrico di poter pubblicare alcuni dei suoi articoli più interessanti. Il primo di questi è apparso nella primavera del 2006 sul mensile Auto.

L'articolo...

La primavera è iniziata da un pezzo, gli impianti di riscaldamento sono spenti da qualche settimana, il cielo azzurro si è fatto strada fra le nuvole grigie. L’inquinamento da polveri sottili dovrebbe essere un ricordo. Eppure le “targhe pari e dispari” ingolfano ancora le province emiliane, i divieti di circolazione per le “under Euro 3” impazzano nelle cittadine venete, le “domeniche preventive” allietano i napoletani. E Milano si lecca le ferite piangendo sullo sforamento dei 35 giorni “concessi” dalle norme per superare il limite di 50 microgrammi di polveri al metro cubo. 
 
Morale: siamo ancora in piena emergenza per lo smog. O vogliono solo farcelo credere? Per fortuna la gente non è più credulona come un tempo. È disposta a lasciare la macchina in garage ma vuole avere certe risposte, scientifiche, complete, non demagogiche, ad alcune domande elementari.
 
- E' vero che le città in Italia sono inquinate come non mai?
- Perché le PM10 sono un problema solo in Italia e soltanto oggi? 
- Chi emette le polveri misurate dalle centraline nelle città? 
- Bloccando o riducendo la circolazione delle auto si risolve il problema delle PM10?  
- Sono davvero le polveri il principale nemico dei nostri polmoni?

Scandalo a Milano

Andiamo con ordine. Quest’inverno, a Milano, giornali e ambientalisti hanno gridato allo scandalo perché, per una decina di giorni, sono state misurate concentrazioni di PM10 attorno ai 150 microgrammi/m3 e perché già a marzo era stati superati 35 giorni con valori maggiori di 50 µg, che è la soglia di attenzione. Ricordiamo che storicamente Milano ha una media di 55 µg, che sale a 70 d’inverno e scende a 40 d’estate. Quando diciamo “storicamente”, intendiamo però solo gli ultimi 10 anni. Infatti, prima i milanesi credevano di non essere inquinati da polveri, semplicemente perché di polveri non si parlava. 
 
polveri sottili areac  (3)
 
In realtà ce n’erano tre volte più di oggi. Guardate la tabella: riporta le concentrazioni di polveri nella più vecchia stazione di rilevamento milanese (quella di viale Liguria) negli anni dal 1978 al 1988/89. L’abbiamo riprodotta da una pubblicazione ufficiale del Comune e della Provincia di Milano. Indica la media dell’anno, quella misurata d’inverno nei giorni ad alta concentrazione (P95) e il numero dei giorni nei quali fu superato il limite di 300 µg/m3. Come si vede, nell’arco di quegli anni la media annuale è sempre stata attorno ai 150-170 µg (tre volte più dell’attuale), con punte di oltre 350 µg e decine di giorni (anche 46) oltre i 300 µg. 

Come mai, allora, le polveri non erano un problema? 

Semplicemente perché l’OMS, vale a dire l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva stabilito per le polveri un valore di “attenzione” a 300 µg/m3 e una seconda soglia di “allerta” a 375. Oggi la Ue ha indicato valori molto più bassi (prima 150, poi 75 e, da quest’anno, 50 µg/m3 per un massimo di 35 giorni). E questo ha fatto “scoprire” agli ecologisti nostrani e agli amministratori pubblici un nuovo nemico, contro cui fare esercitazioni di demagogia. Poco importa se la UE ha invitato le municipalità a misurare solo le polveri pericolose, a scorporare quelle prodotte dalla natura, a considerare il ristagno di polveri dovute a condizioni meteo (inversioni termiche) o a situazioni orografiche (pianura padana), a posizionare le centraline ad altezza elevata in modo da non “conteggiare” le particelle sollevate dal passaggio dei pneumatici, di saper distinguere le polveri da combustibile da quelle di origine industriale. 
polveri sottili areac  (2)
 
Abbiamo le stesse concentrazioni di polveri delle altre città europee, ma i nuovi limiti hanno spiazzato solo i nostri solerti amministratori. Che per non saper né leggere né scrivere hanno conteggiato tutti i tipi di polveri, proclamato lo “stato di calamità” da smog, invocato lo stato di necessità (da traffico). E poi hanno infierito contro l’unico cittadino che non si lamenta, l’automobilista, vessandolo nel suo diritto a circolare liberamente. 

Il PM10 che viene da lontano 

Vediamo allora, scientificamente, da dove provengono le PM10 misurate al centro di una città europea. Ci viene incontro uno studio del professor Lenz della Università di Vienna, che da molti anni si occupa d’inquinamento. Per prima cosa bisogna scorporare dalla misura delle polveri tutto ciò che è stato prodotto dalla natura, su cui è superfluo o impossibile o inutile intervenire: in particolare, le piante dei parchi di una grande città possono disperdere, in certe stagioni, pollini, oli (terpeni) e altro pulviscolo che in totale possono raggiungere il 35-40% delle polveri captate da una centralina.
 
Fatta questa operazione, rimane la grande torta di polvere che abbiamo riprodotto nella figura sopra, a destra. È divisa in tre fette: il 47% è costituito da polveri che provengono dall’esterno della città; il 27% arriva da sorgenti interne alla città; il 26% è prodotto dal traffico nei dintorni della centralina.
polveri sottili areac  (1)
 
Molto interessante è una distinzione essenziale fra i due modi di produrre polveri da parte del traffico: dal tubo di scarico e dalle ruote. All’interno della città queste due fonti sono equivalenti, mentre dalle tangenziali esterne proviene soprattutto PM10 emesso dai tubi di scarico dei veicoli industriali. I pneumatici contribuiscono a produrre e a sollevare una frazione rilevante di polveri che deriva dall’abrasione dell’asfalto, dall’usura dei pneumatici, dall’usura delle pastiglie. Sono tutte particelle che rimangono a galleggiare nell’aria per diverse ore e quando si depositano sulle strade – se non piove per molto tempo – vi rimangono a lungo e possono venir risollevate dopo alcuni giorni da altri veicoli. Per esempio, dai mezzi pubblici, quando vige il blocco per il traffico privato.

Industria e riscaldamento valgono il 33%

Complessivamente, l’industria, le centrali termiche e il riscaldamento domestico (all’interno e all’esterno della città) hanno una responsabilità pari al 33%, ma questa è una media annuale destinata a subire un incremento di circa 10 punti percentuali durante la stagione invernale. Il traffico esterno alla città incide complessivamente per l’8%; quello interno alla città vale il 15% (fra pneumatici e tubo di scarico); mentre il traffico che si svolge nelle vicinanze della centralina produce l’11% delle polveri dagli scarichi e il 15 dai pneumatici: in totale, vale il 26%.  
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Determinante a questo punto è la “torta” pubblicata in alto che rappresenta come e da chi viene emesso quel 26%. Ebbene, se consideriamo pari a 100 questa frazione, le automobili ne emettono il 9% dal tubo di scarico e il 30% dall’abrasione dei pneumatici; i veicoli industriali, il 33% dallo scarico e il 28% dai pneumatici.
 
Due cose sono chiarissime: primo, il 9% del 26%, attribuito ai gas di scarico delle auto nel traffico locale, equivale al 2,5% del totale. Come dire che quando in certe aree si proibisce la circolazione di tutte le auto (a benzina, a gasolio, Euro 0 o Euro 5), si riducono le polveri emesse della stessa percentuale; secondo, quando si introducono norme più severe per gli scarichi delle nuove vetture, si interviene su una frazione infinitesimale di quel 2,5%, ma non si modifica in alcun modo quella ben più grande prodotta e sollevata dai pneumatici (che nel traffico locale vale 3 volte di più).
 
Ciò significa che anche se useremo esclusivamente automobili elettriche oppure se vieteremo la circolazione delle vetture private, saranno sufficienti le emissioni dei riscaldamenti domestici, delle industrie e del traffico merci per far superare costantemente i valori limite delle polveri quando non piove per due settimane. 

Il peggio è passato

Nei prossimi anni e fino al 2020, grazie alla introduzione dell’Euro 4 per vetture e veicoli industriali - e grazie al rinnovo del parco circolante -, si avrà una ulteriore diminuzione progressiva fino a ridurre di oltre tre volte il particolato emesso

Il professor Lenz ha anche esaminato per l’intero territorio tedesco il contributo nel corso degli anni dei vari mezzi di trasporto nelle emissioni di PM 10, sotto forma di particolato allo scarico. Si tratta di una “montagna” che ha raggiunto il suo apice negli anni tra il ’90 e il ’92, come si vede dell’illustrazione pubblicata sopra. Poi, nonostante l’incremento delle vendite e del parco circolante, la salita si è arrestata, anzi - grazie all’introduzione di norme più severe e di veicoli sempre più puliti - si è registrata una vertiginosa discesa nelle emissioni. Complessivamente oggi siamo tornati ai livelli del 1975 e bisogna contare che si tratta della quantità emessa annualmente da tutti i veicoli circolanti. Nei prossimi anni e fino al 2020, grazie alla introduzione dell’Euro 4 per vetture e veicoli industriali - e grazie al rinnovo del parco circolante -, si avrà una ulteriore diminuzione progressiva fino a ridurre di oltre tre volte il particolato emesso. 

Due riflessioni

Abbiamo fornito gli elementi per rispondere a quattro delle cinque domande poste all’inizio. Chi vuole cavillare a tutti i costi potrà ancora dire che, se le polveri costituiscono “un micidiale cocktail di veleni”, gli amministratori pubblici hanno il dovere di combatterle fino in fondo e di fare in modo che diminuiscano anche soltanto dell’1%. Intenzione all’apparenza indiscutibilmente lodevole, ma di sicura ispirazione demagogica.
 
Proponiamo due sole riflessioni: prima. Le polveri da carbone e da legna sono sempre esistite da quando l’uomo usa questi combustibili per riscaldarsi, cuocere cibi, forgiare metalli. Ötzi, il guerriero mummificato sul ghiacciaio del Similaun, nel Sudtirolo, aveva i polmoni neri di fuliggine. Negli ultimi due secoli Milano si è riscaldata col carbone, che è certamente la più pericolosa fonte di particolato e di anidride solforosa. Negli anni Sessanta, a Milano si toccavano punte di 1700 µg/m3 di polveri sottili. Oggi, con valori nettamente inferiori, giovani ricercatori in cerca di consenso proclamano che a causa dello smog sono aumentate le malattie polmonari dei bambini. E pensare che i loro genitori sono vissuti e cresciuti in un ambiente ben peggiore. Per fortuna un vero esperto, il professor Umberto Veronesi, ha dimostrato che l’inquinamento da polveri è causa infinitamente più piccola di malattia rispetto a quanto provocato dal cibo, dal fumo e da un cattivo stile di vita. E ha osservato che al cibo sono dovuti il 34% dei tumori, mentre tutto l’inquinamento ambientale non supererebbe il 3%.

Tumori: in Alto Adige si muore più che a Milano

Del resto nell’inquinatissima Milano si muore molto meno di tumore al polmone di quanto non succeda nei verdi villaggi dell’Alto Adige; seconda riflessione. Vi siete mai chiesti perché dopo 15 anni dall’invenzione delle targhe alterne, i vari blocchi della circolazione, le domeniche a piedi, non è successo niente, non si è ottenuto alcun risultato, tanto che la situazione si ripropone di anno in anno? 

Domeniche a piedi: demagogia.

Le domeniche a piedi facciamole pure, per divertirci in bicicletta e per riconquistare le città, ma non raccontiamo la balla che servono per prevenire l'inqunamento da polveri.
 
Dal mensile Auto, aprile 2006

 

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